Durante il funerale di Sergio Maschio, ex allievo dello Zanon e uno dei fondatori dell’Associazione Zanon Amico, morto a 82 anni, il professor Flavio Pressacco ha tenuto l’orazione funebre.
E’ un’orazione accorata che pubblichiamo per ricordare Sergio al quale abbiamo voluto bene.
Caro Sergio, due parole affettuose per salutarti e idealmente abbracciarti come meriti. Ieri nel tardo pomeriggio mi sono recato al Palazzetto di Via Marangoni forse anche per ritrovare tracce del tuo o, meglio, del nostro mondo sportivo e della nostra gioventù. In una delle sale ho trovato la foto di una delle squadre vincitrici del campionato studentesco, mi pare fosse l’anno 1961; c’eri tu e, fra gli altri, in piedi Renato Tavano, Guido Paderni, Mario Deidda, Adriano Della Rossa, se non ricordo male il quintetto base. Ma la mia attenzione è stata attirata dalle magliette nelle quali spiccava al centro una gigantesca Zeta. Ovviamente la Z di Zanon. Mi è balenata un’intuizione: ecco, eravamo una generazione Z.
Molti sanno che gli studiosi di scienze sociali chiamano oggi generazione Z quella cresciuta nel nostro secolo, fin dalla prima infanzia, con la moderna strumentazione digitale: Internet, i social e tutto il resto… Ebbene, a ben vedere gli studenti/cestisti dello Zanon di quel periodo furono a pieno diritto la generazione Z dello scorso secolo. Interpreti della modernità udinese e friulana di quegli anni. Modernità della scuola, Istituto all’epoca ancora per Ragionieri e Geometri, prima realizzazione verso la fine degli anni ’50 del progetto di centro studi che si sarebbe poi sviluppato in via Leonardi da Vinci. Un edificio dotato di tutte le comodità, dall’attrezzatura confortevole alle palestre per l’educazione fisica, omologate anche per competizioni ufficiali, all’altoparlante che trasmetteva in tutte le classi i messaggi del Preside Oreste Mistruzzi. Ma la modernità stava anche nel nome Zanon, scienziato e imprenditore friulano, che 250 anni prima era stato fautore di una svolta decisiva nell’innovazione in agricoltura, in Friuli e più in generale nel Nord Est.
La modernità della scuola si accoppiava a una straordinaria modernità sportiva. Essa si realizzava anzitutto nella pallacanestro e in particolare nei tornei studenteschi che si svolgevano appunto al Palazzetto di Via Marangoni, a sua volta inaugurato proprio nella seconda metà degli anni ’50, simbolo appunto di modernità sportiva e coerente con le ambizioni dell’Apu guidata da Dino Bruseschi. Ecco Sergio, vedendoti giocare nella palestra dello Zanon nella tarda mattinata, dopo la ricreazione, dell’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale del 1958 (era la prima partita di pallacanestro cui assistevo) vidi in te, e solo oggi (o ieri sera) me ne rendo pienamente conto, lo straordinario simbolo e pilastro di quella generazione Z. Vederti all’opera ed essere affascinato dalla pallacanestro fu una sensazione tanto sorprendente quanto immediata.
Assomigliavi a un eroe omerico, potente e allo stesso tempo leggero, elegante ed efficace, veloce e coordinato, competitivo ma sereno, carismatico. In campo dominasti: canestri, rimbalzi, leadership naturale. Nella primavera successiva decisi di seguire tutte le partite del torneo studentesco allora mitico trofeo Burei e dalla stagione successiva 1959-’60 anche le partite casalinghe dell’Apu nella quale stavi guadagnando spazi e minutaggio. Il 1961 sarebbe poi stato un anno magico per la generazione Z: dopo una durissima lotta contro Marinelli e Malignani avreste alzato al cielo il Trofeo Burei aggiudicato definitivamente dopo tre vittorie consecutive allo Zanon. Nello stesso tempo ben quattro componenti di quella squadra, oltre a te Tavano, Paderni e Deidda, fecero parte di una giovanissima Apu (tutti under 20 salvo il capitano Silvio Savio ventunenne) che disputò una esaltante stagione in serie A (equivalente alla odierna A2 ma senza stranieri) raggiungendo una comoda salvezza, ma dando spettacolo con contropiede velocissimi e acrobatici. Anche di quella squadra tu fosti il vero autentico perno, presidio dei tabelloni, fulcro della difesa, capocannoniere con oltre 200 punti in 14 partite e molti di quei punti realizzati con magici tap-in al rimbalzo d’attacco, una delle specialità della casa.
Alla generazione Z, perlomeno come studentessa dello Zanon anche se non nella stessa tua classe, apparteneva anche Daniela, conosciuta al cineforum e subito amata con l’istintiva consapevolezza di avere trovato la compagna ideale della vita. L’avresti sposata, proprio nella primavera del 1961 con una fusione inedita di sport e matrimonio, visto che il pranzo di nozze non potè durare troppo a lungo per consentire a te e a tutta la squadra di raggiungere il Palazzetto di via Marangoni in tempo per sbrigare un comodo impegno al Burei, contro la squadra materasso, senza offesa, del Liceo Bertoni. Il matrimonio fu allietato in rapida successione dalla nascita di Patrizia, Massimo e Federica. Ti ho paragonato a un eroe omerico; spesso nei classici gli eroi hanno attimi di grande felicità, ma anche momenti fortemente negativi in cui il destino sembra accanirsi contro di loro. Tu non hai fatto eccezione: Federica vi lasciò ancora giovanissima a 29 anni, un vuoto incolmabile, e anche nello sport pagasti un dazio pesante. Costretto ad abbandonare per insanabili problemi cardiaci, a soli 22 anni l’attività agonistica senza poter cogliere i traguardi della piena maturità. Non voglio annoiare con cifre, ma mi sembra giusto ricordare che nelle 11 stagioni ininterrotte nel campionato di seconda serie dell’Apu, dal 1957-’58 al 1967-’68, sei stato il quarto realizzatore con 846 punti, superato solo da Porcelli (1.536), Tavano (1.070) e Cernich (896).
Tornando alle cose belle e a completamento delle benemerenze della generazione Z, aggiungo che sei stato fra gli otto fondatori dell’Associazione Zanon Amico, facendo parte